Antonio Cavicchioni - ETNA e l’illusione della realtà
Si può accedere ad alcuni elementi dell’universo senza necessariamente iniziare una traversata cosmica. Per esempio scalando l’Etna di Antonio Cavicchioni si sale verso una dimensione di momentanea incubazione, dove si condensa simbolicamente il variegato territorio vulcanico siculo. Cavicchioni fotografa la parte più arida del territorio saturandola di contenuti, in questo modo denaturalizza l’ambiente per poi caricarlo di significati ulteriori, cosa che in genere avviene in tutte le sue opere. Due elementi vicini e paralleli, il visibile e l’invisibile, subiscono per mano dell’artista una lacerazione: lo squarcio fa si che lembi ripieghino l’uno verso l’altro mescolando umori freschi di pulsazione vitale. L’Etna con la sua presenza espansa, diviene elemento di cucitura tra l’ambiente reale e quello simbolico, ponte per una dimensione a più strati, dove l’imminenza di un evento fa da cornice allo spaesamento dell’uomo, rappresentato da turisti disorientati, specie di naufraghi d’un viaggio interstellare andato male. Dalla deriva nel cosmo all’attracco su un pianeta arido, cambiano le priorità, la ricerca di sostentamento diviene assoluta e disperde i singoli anziché unirli; il desiderio di salvezza non crea collettività, anzi chiude nell’individualità di una disperata rincorsa. È la riflessione dell’artista sul senso di disorientamento attuale che passa per un territorio scarno e rarefatto, la cui vastità è abitata da vuoti e rocce inondate da un sole freddo che non lascia intravedere l’arrivo di nessuna sera, di nessuna quiete, di nessun cambiamento. I promontori, che celano la visione del futuro privando l’orizzonte allo sguardo, sono punti da cui la ricerca può riprendere.
Cavicchioni crea spazi immanenti in cui s’avverte l’imminenza di qualcosa di completamente arbitrario dalle sue decisioni. C’è un senso d’incertezza ed anche di speranza a cui ci si affida per riflettere sull’alienazione dell’uomo moderno costretto a brancolare per strade senza prospettive. La decadenza sociale e quella culturale s’avvertono come presenze di lava scura e fredda, che appesantita d’antiche catastrofi e da moniti d’altre possibili, incombe sulle migliori aspettative. L’artista sviscera questi temi costruendo immagini scenografiche come se fossero frutto d’un lavoro in studio con tanto d’attori selezionati. La realtà cosparsa di liquidi onirici, è finzione pittorica per un territorio alieno di cui l’Etna è, nella sua indiscutibile tangibilità, il pilastro illusorio da cui si dipana l’inganno. Suscitando la percezione d’una finta messa in scena, l’artista controlla la visione senza modificare il soggetto e rivela il suo punto di vista sul mondo. Pur avendo caratteristiche documentaristiche, queste fotografie rivelano il fantasma della pittura come una sbiadita divinità, che sedimentata in riti quotidiani, mantiene nascosta se stessa tutelando un ventaglio di fantasie e considerazioni in cui il pensiero trova rifugio. Una tana dove Cavicchioni crea immagini sognate, nel senso di non viste da altri. Questa riflessione può farci bene intendere la serie in questione ed anche tutta la ricerca e svelare, inoltre, la rete che sostiene la sua fascinazione fotografica. Si tratta di un’impalcatura resistente e adattabile capace di dilatarsi deformando il campo visivo tanto da includere le infinite declinazioni che le immagini vanno via via assumendo.
Domenico Russo
You can access some elements of the universe without necessarily start a cosmic journey. By climbing Antonio Cavicchioni’s Etna for example, we walk up toward a dimension of momentary incubation, a place of symbolic condensation where the multicoloured volcanic Sicilian territory finds a different and specific connotation. Cavicchioni photographs the most arid part, saturating it with content, denaturalizing the environment before assigning further meanings. Two neighboring and parallel elements, the visible and the invisible, undergo a laceration from the artist. From this gash, flaps fold toward one another, stirring fresh humors of vital pulsation. Etna, with its expanded presence, it is the seam element between the real and the symbolic environment, a link for a multilayered dimension, where the imminence of an event frames the predicament of man. The latter is like a castaway from an interstellar trip gone bad, docked on a barren planet, living different priorities: the search for sustenance, turned absolute, disperses individuals rather than unite them and the desire for salvation, although lacking tone, pushes them to a desperate pursuit. It is the artist’s reflection on the meaning of current disorientation passing through a gaunt and scattered territory, whose magnitude is inhabited by voids and rocks are bathed in cold sun that leaves no glimpse of the arrival of any evening, of any stillness, of any change. The promotories however, concealing the vision of the future depriving the horizon to the eye, are points from which the search can resume.
Cavicchioni creates spaces where the imminence of something completely arbitrary by its decisions is felt. There is a sense of uncertainty and also hope to which we entrust ourselves to reflect on the alienation of modern man forced to fumble for territories with no prospects. The social and cultural decay is felt as the presence of dark and cold lava that, weighed down from ancient catastrophes – and warnings of others to come – it is incumbent on the best expectations. The artist dissects these issues by constructing images as if they were the result of a studio work. While Mount Etna, covered with oneiric fluids, in its unquestionable tangibility, is the illusory pillar which unravels the deception. With a mock staging, Cavicchioni controls the vision without changing the subject and reveals his point of view of the world; creating dreamed images, as in not seen by others. This reflection can make us understand well the series in question and also all the research and revealing a web of photographic fascination, durable and adaptable, capable of expand deforming the visual field so as to include the infinite variations that images are gradually taking.
Domenico Russo